Saggista polemista, predicatore, opinionista televisivo, Kemi Seba nasce a Strasburgo nel 1981, e a soli diciotto anni si iscrive alla Nation of Islam, un movimento afroamericano presidiato da Louis Farrakhan, fortemente critico nei confronti delle operazioni militari in Africa ed in Medio Oriente da parte del complesso bellico-industriale statunitense.
Affascinato dalla personalità di Malcolm X, Kemi Seba si ritaglia subito un ruolo da attivista nonostante la giovane età.
“Adolescente, leggevo Nietzsche, vivevo al ritmo delle punchlines del rapper 2Pac, ero affascinato dalla collera politica nera del dottor Khallid Muhammad, la poesia del fratello guineano Léon Gontran Damas, il lato iconoclasta del nazionalista olandese Pim Fortuyn, il coraggio del primo ministro congolese Patrice Lumumba, l’eleganza dell’indomabile Winnie Mandela”, mi raccontava Kemi Séba in un lungo scambio di mail nel lontano 2013.
Dopo aver vissuto diversi anni in Francia, nel 2011 si trasferisce definitivamente in Senegaldove raggiunge vari gruppi tra cui il movimento mondiale della gioventù panafricana per gli Stati Uniti d’Africa e l’Afrikan Mosaique, che invece promuove il ritorno in Africa dei migranti, diventa ministro francofono del New Black Panther Party nonché opinionista nella trasmissione Le Grand Rendez-vous, uno dei talk-show più seguiti d’Africa.
“Agli inizi, quando ero solo un nero incazzato e rifiutavo il dialogo con chi non aveva il colore della mia pelle non disturbavo nessuno. Poi, nel momento in cui le mie tesi si sono raffinate e ho cominciato a collaborare con scrittori bianchi anti-elitari mi hanno fatto passare per un fascista nero – spiega Seba – ma sinceramente non credo al concetto di razza, le persone possono avere il colore della pelle diversa ma che lo si voglia o meno i popoli sono diversi fra loro e bisogna rispettarli”.
Il gesto che gli è valso l’incarcerazione per 24 ore
L’attivista panafricano, di fronte alla crescita dei partiti populisti di destra, non ha mai abbassato però la guardia sul razzismo di sinistra.
“Nell’Ottocento le forze progressiste giustificavano il colonialismo nel nome della civilizzazione delle razze inferiori, oggi invece i cosiddetti anti-razzisti sono i primi a sostenere le guerre in Medio Oriente e in Africa”.
Anche sulle società multiculturali Kemi Seba è fortemente critico (“la convivenza arricchisce, ma la coabitazione forzata può portare alla distruzione”), ed è il motivo che lo ha spinto a diventare un sostenitore della “remigrazione”.
Nel libro più popolare che ha scritto, Supranegritude, sprona l’emancipazione dell’intera comunità africana attraverso tre pilastri – autodeterminazione, anti-vittimizzazione e virilità popolare – così di recente si è reso protagonista di un incarcerazione di 24 ore da parte delle autorità senegalesi su ordine dell’Eliseo, colpevole di aver bruciato durante un comizio alcune banconote di Franco CFA, una moneta usata in quasi tutti i Paesi africani ex colonie francesi con un tasso di cambio fisso con l’Euro ed emessa a Francoforte.
Kemi Seba, che gode di un importante seguito in tutta l’Africa nera, ha da poco lanciato un movimento massiccio volto ad abbattere questo sistema monetario considerato uno strumento di sottomissione economica con cui l’Europa, in particolare la Francia, depreda un intero continente acquistando materie prime a prezzi stracciati.
Fonte: L'Intellettuale Dissidente
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