Abbiamo pubblicato un dettagliato Vademecum sulle elezioni, spiegando i meccanismi previsti dalla nuova legge elettorale Rosatellum 2.0. Legge che pochi pare abbbiano davvero compreso. Ad esempio Aldo Giannuli e Stefano D'andrea e, addirittura, lo stesso Rosato.
Le cantonate capitano. Chi non le prende alzi la mano! Quando però diventano troppe sullo stesso argomento, esse ci segnalano qualcosa che non va. E ci obbligano a qualche riflessione.
Sto parlando della nuova legge elettorale, tema di cui tanti discutono spesso senza capirci granché, come nel caso di certi commentatori di cui ci siamo già occupati, a proposito dei cosiddetti "accordi tecnici nei collegi", talmente "tecnici" da essere tecnicamente impossibili (e guarda caso non se ne parla proprio più, chissà perché...). Qui però non mi riferisco a giornalisti dalla collaudata superficialità, bensì a soggetti solitamente "informati dei fatti".
Mi ha colpito in proposito uno scritto di Aldo Giannuli, persona molto preparata in materia. E' lo stesso Giannuli che ha istruito il percorso che ha portato alla formulazione della proposta di legge di M5S. Detto en passant, proposta a nostro avviso pessima, ma questo è un altro discorso. Di certo non si può dire però che Giannuli non conosca i sistemi elettorali. Al contrario.
A maggior ragione ho sgranato gli occhi di fronte a questa sua affermazione:
«La legge attribuisce 232 seggi ai collegi uninominali e 398 alle circoscrizioni proporzionali, inoltre è previsto un premio di maggioranza per la lista di maggioranza relativa che superi il 40%».
Lì per lì ho pensato di aver inteso male. Come può uno preparato come Giannuli non sapere che la nuova legge non contiene nessun premio di maggioranza? Invece avevo letto bene, tant'è che subito dopo il Giannuli tranquillizza:
«Stando alle previsioni che abbiamo fatto, nessuno dei tre blocchi maggiori raggiungerebbe il 40%, anche se il centro destra potrebbe avvicinarsi sensibilmente all’obiettivo».
In realtà il premio proprio non c'è. Quella del 40% è solo una soglia giornalistica. Siccome la nuova legge è al 36% maggioritaria, e siccome il sistema è sostanzialmente tripolare, si può calcolare all'ingrosso che chi arrivasse al 40% dei voti potrebbe sperare in un 50% di seggi, grazie appunto al bottino dei collegi uninominali. E' un'ipotesi abbastanza realistica, ma tutt'altro che una certezza, men che meno una soglia di legge.
Il mito dell'obiettivo del 40% non viene fuori per caso: fa gioco a Renzi, che lì arrivò nel (molto lontano) 2014, come nel giorno della sua sconfitta referendaria di un anno fa; fa gioco alla destra, per ringalluzzire una coalizione assai fragile sul piano politico; ma serve pure ad un M5S che vorrebbe così far credere di poter vincere senza alleanze. Proprio per la smaccata strumentalità di questa soglia, che nella legge non c'è, sarebbe bene evitare le trappole della propaganda e spiegare invece l'effettivo meccanismo elettorale.
Meccanismo altamente truffaldino, ma dove l'effetto distorsivo in senso maggioritario non è dovuto ad un inesistente "premio di maggioranza", bensì ai collegi uninominali all'inglese ed al rigido legame che salda indissolubilmente la quota maggioritaria con quella proporzionale.
Di tutto ciò sembra non essersi accorto Stefano D'Andrea, il quale ci rifila inopinatamente il seguente titolo: «Un (grande) merito dell'attuale legge elettorale». Il testo del D'Andrea —lo dico senza ironia alcuna— ha un gran pregio: la brevità. Ma quale sarebbe invece il "grande merito" dell'edizione 2017 dell'ennesima legge truffa? Semplice. Essa avrebbe il potere di «Reindirizzare finalmente l’Italia verso la forma di governo parlamentare». Egli ci dice che con la nuova legge le cose non andranno meglio ma neppure peggio di prima. Dunque, ecco la sua conclusione:
«Sarà chiaro a tutti a quel punto che il maggioritario, i premi di maggioranza e la governabilità erano balle per turlupinare il popolo e aggredire la forma di governo parlamentare e quindi la Costituzione».
Certo che erano anche tutto ciò. Ma erano o sono? Lo so che è incredibile, ma D'Andrea sembra ignorare che il maggioritario è stato reintrodotto per altra via. La sua soddisfazione per la nuova legge si può quindi spiegare solo in due modi: o ha perso la testa o non ci ha capito nulla. Propendiamo per la seconda ipotesi, quella relativamente meno grave.
Ma perché questa cantonata? Che sia stato il gran chiacchiericcio mediatico sul "ritorno al proporzionale", se non addirittura alla "Prima repubblica", ad aver colpito dalle parti del "Fronte sovranista"? Sta di fatto che quello del Rosatellum è un meccanismo reso largamente maggioritario dai collegi uninominali all'inglese. [1]
Ora magari il D'Andrea ci dirà che c'è pur sempre un 64% (scarso) di proporzionale. Già, ma se è per questo anche il Porcellum aveva una base proporzionale. In quel caso la rappresentanza veniva stravolta dal premio di maggioranza, qui dai collegi maggioritari. Due strumenti diversi per raggiungere lo stesso fine, quello di dare alle forze sistemiche un numero di seggi ben maggiore rispetto ai consensi riscossi nelle urne. Dov'è dunque il "merito" di questa legge? Ai lettori l'ardua sentenza.
Ma siccome il mondo è bello perché vario, chiudiamo con un'altra cantonata. In questo caso non sappiamo se sincera o studiata ad arte. Il dubbio è inevitabile, dato che la castroneria è stata pronunciata nientemeno che dall'autore (ma sarà quello vero?) della legge. Cioè, proprio lui, Ettore Rosato da Piddinia City.
Per meglio intimorire i transfughi di Mdp egli dice a la Repubblica (che prende il tutto per oro colato):
«E' molto semplice – sintetizza il padre della riforma elettorale, Ettore Rosato — nel proporzionale questa legge assegna 3,3 deputati per ogni punto percentuale. Fate un po' voi i conti…».
Eh già Rosato, facciamoli và due conti già che ci siamo.
I conti a cui ci chiama questo genio della matematica (i giornali hanno parlato addirittura di "coefficiente Rosato" e di algoritmi che non c'entrano proprio nulla) sono invece una robina da scuola elementare.
Premesso che Rosato parla della Camera, abbiamo già visto che i seggi attribuiti con metodo proporzionale sono 398, di cui 386 quelli relativi al territorio nazionale. Ora, se fosse vero quel che dice Rosato —un punto percentuale = 3,3 deputati— avremmo invece l'elezione con il proporzionale di soli 330 deputati (3,3 x 100 = 330). Ora, capisco bene che a Rosato piacerebbe mettere da parte, riservandolo al Pd, il tesoretto dei 56 seggi "scomparsi", ma temo per lui che a questo punto non si sia ancora arrivati. Il coefficiente di legge non è dunque 3,3 bensì 3,86 (386 : 100 = 3,86).
La differenza tra 3,3 e 3,86 potrà sembrare a qualcuno un peccato veniale (per una forza stimata sul 5% significa attribuirgli 15 seggi al posto dei 19 di legge), ma è pur sempre la differenza che passa tra la verità e una bugia.
Per oggi fermiamoci qui. Tanto il teatrino politico-mediatico ci offrirà senza dubbio altre bufale di cui occuparci. Chi però da questo teatrino è fuori dovrebbe stare un po' più attento a quel che dice. Viceversa si finisce per alimentare una confusione che fa solo gioco a lorsignori, mentre a noi compete semmai svelare la realtà nella maniera più chiara possibile.
NOTE
[1] Nell'articolo in questione Stefano D'Andrea, con la consueta sicumera, scrive tra l'altro: «E, a differenza di quanto credono oggi gli ingenui, ancora storditi dal concetto ingannatore di governabilità, non si tornerà a votare con immediatezza ma, al contrario, si tenteranno tutte le strade». Che tenteranno tutte le strade è sicuro, ma vorremmo ricordare che tra queste, c'è quella di un veloce ritorno alle urne. Nel Palazzo si vocifera addirittura in estate... [NdR]
Le cantonate capitano. Chi non le prende alzi la mano! Quando però diventano troppe sullo stesso argomento, esse ci segnalano qualcosa che non va. E ci obbligano a qualche riflessione.
Sto parlando della nuova legge elettorale, tema di cui tanti discutono spesso senza capirci granché, come nel caso di certi commentatori di cui ci siamo già occupati, a proposito dei cosiddetti "accordi tecnici nei collegi", talmente "tecnici" da essere tecnicamente impossibili (e guarda caso non se ne parla proprio più, chissà perché...). Qui però non mi riferisco a giornalisti dalla collaudata superficialità, bensì a soggetti solitamente "informati dei fatti".
Mi ha colpito in proposito uno scritto di Aldo Giannuli, persona molto preparata in materia. E' lo stesso Giannuli che ha istruito il percorso che ha portato alla formulazione della proposta di legge di M5S. Detto en passant, proposta a nostro avviso pessima, ma questo è un altro discorso. Di certo non si può dire però che Giannuli non conosca i sistemi elettorali. Al contrario.
A maggior ragione ho sgranato gli occhi di fronte a questa sua affermazione:
«La legge attribuisce 232 seggi ai collegi uninominali e 398 alle circoscrizioni proporzionali, inoltre è previsto un premio di maggioranza per la lista di maggioranza relativa che superi il 40%».
Lì per lì ho pensato di aver inteso male. Come può uno preparato come Giannuli non sapere che la nuova legge non contiene nessun premio di maggioranza? Invece avevo letto bene, tant'è che subito dopo il Giannuli tranquillizza:
«Stando alle previsioni che abbiamo fatto, nessuno dei tre blocchi maggiori raggiungerebbe il 40%, anche se il centro destra potrebbe avvicinarsi sensibilmente all’obiettivo».
In realtà il premio proprio non c'è. Quella del 40% è solo una soglia giornalistica. Siccome la nuova legge è al 36% maggioritaria, e siccome il sistema è sostanzialmente tripolare, si può calcolare all'ingrosso che chi arrivasse al 40% dei voti potrebbe sperare in un 50% di seggi, grazie appunto al bottino dei collegi uninominali. E' un'ipotesi abbastanza realistica, ma tutt'altro che una certezza, men che meno una soglia di legge.
Il mito dell'obiettivo del 40% non viene fuori per caso: fa gioco a Renzi, che lì arrivò nel (molto lontano) 2014, come nel giorno della sua sconfitta referendaria di un anno fa; fa gioco alla destra, per ringalluzzire una coalizione assai fragile sul piano politico; ma serve pure ad un M5S che vorrebbe così far credere di poter vincere senza alleanze. Proprio per la smaccata strumentalità di questa soglia, che nella legge non c'è, sarebbe bene evitare le trappole della propaganda e spiegare invece l'effettivo meccanismo elettorale.
Meccanismo altamente truffaldino, ma dove l'effetto distorsivo in senso maggioritario non è dovuto ad un inesistente "premio di maggioranza", bensì ai collegi uninominali all'inglese ed al rigido legame che salda indissolubilmente la quota maggioritaria con quella proporzionale.
Di tutto ciò sembra non essersi accorto Stefano D'Andrea, il quale ci rifila inopinatamente il seguente titolo: «Un (grande) merito dell'attuale legge elettorale». Il testo del D'Andrea —lo dico senza ironia alcuna— ha un gran pregio: la brevità. Ma quale sarebbe invece il "grande merito" dell'edizione 2017 dell'ennesima legge truffa? Semplice. Essa avrebbe il potere di «Reindirizzare finalmente l’Italia verso la forma di governo parlamentare». Egli ci dice che con la nuova legge le cose non andranno meglio ma neppure peggio di prima. Dunque, ecco la sua conclusione:
«Sarà chiaro a tutti a quel punto che il maggioritario, i premi di maggioranza e la governabilità erano balle per turlupinare il popolo e aggredire la forma di governo parlamentare e quindi la Costituzione».
Certo che erano anche tutto ciò. Ma erano o sono? Lo so che è incredibile, ma D'Andrea sembra ignorare che il maggioritario è stato reintrodotto per altra via. La sua soddisfazione per la nuova legge si può quindi spiegare solo in due modi: o ha perso la testa o non ci ha capito nulla. Propendiamo per la seconda ipotesi, quella relativamente meno grave.
Ma perché questa cantonata? Che sia stato il gran chiacchiericcio mediatico sul "ritorno al proporzionale", se non addirittura alla "Prima repubblica", ad aver colpito dalle parti del "Fronte sovranista"? Sta di fatto che quello del Rosatellum è un meccanismo reso largamente maggioritario dai collegi uninominali all'inglese. [1]
Ora magari il D'Andrea ci dirà che c'è pur sempre un 64% (scarso) di proporzionale. Già, ma se è per questo anche il Porcellum aveva una base proporzionale. In quel caso la rappresentanza veniva stravolta dal premio di maggioranza, qui dai collegi maggioritari. Due strumenti diversi per raggiungere lo stesso fine, quello di dare alle forze sistemiche un numero di seggi ben maggiore rispetto ai consensi riscossi nelle urne. Dov'è dunque il "merito" di questa legge? Ai lettori l'ardua sentenza.
Ma siccome il mondo è bello perché vario, chiudiamo con un'altra cantonata. In questo caso non sappiamo se sincera o studiata ad arte. Il dubbio è inevitabile, dato che la castroneria è stata pronunciata nientemeno che dall'autore (ma sarà quello vero?) della legge. Cioè, proprio lui, Ettore Rosato da Piddinia City.
Per meglio intimorire i transfughi di Mdp egli dice a la Repubblica (che prende il tutto per oro colato):
«E' molto semplice – sintetizza il padre della riforma elettorale, Ettore Rosato — nel proporzionale questa legge assegna 3,3 deputati per ogni punto percentuale. Fate un po' voi i conti…».
Eh già Rosato, facciamoli và due conti già che ci siamo.
I conti a cui ci chiama questo genio della matematica (i giornali hanno parlato addirittura di "coefficiente Rosato" e di algoritmi che non c'entrano proprio nulla) sono invece una robina da scuola elementare.
Premesso che Rosato parla della Camera, abbiamo già visto che i seggi attribuiti con metodo proporzionale sono 398, di cui 386 quelli relativi al territorio nazionale. Ora, se fosse vero quel che dice Rosato —un punto percentuale = 3,3 deputati— avremmo invece l'elezione con il proporzionale di soli 330 deputati (3,3 x 100 = 330). Ora, capisco bene che a Rosato piacerebbe mettere da parte, riservandolo al Pd, il tesoretto dei 56 seggi "scomparsi", ma temo per lui che a questo punto non si sia ancora arrivati. Il coefficiente di legge non è dunque 3,3 bensì 3,86 (386 : 100 = 3,86).
La differenza tra 3,3 e 3,86 potrà sembrare a qualcuno un peccato veniale (per una forza stimata sul 5% significa attribuirgli 15 seggi al posto dei 19 di legge), ma è pur sempre la differenza che passa tra la verità e una bugia.
Per oggi fermiamoci qui. Tanto il teatrino politico-mediatico ci offrirà senza dubbio altre bufale di cui occuparci. Chi però da questo teatrino è fuori dovrebbe stare un po' più attento a quel che dice. Viceversa si finisce per alimentare una confusione che fa solo gioco a lorsignori, mentre a noi compete semmai svelare la realtà nella maniera più chiara possibile.
NOTE
[1] Nell'articolo in questione Stefano D'Andrea, con la consueta sicumera, scrive tra l'altro: «E, a differenza di quanto credono oggi gli ingenui, ancora storditi dal concetto ingannatore di governabilità, non si tornerà a votare con immediatezza ma, al contrario, si tenteranno tutte le strade». Che tenteranno tutte le strade è sicuro, ma vorremmo ricordare che tra queste, c'è quella di un veloce ritorno alle urne. Nel Palazzo si vocifera addirittura in estate... [NdR]