Partito tedesco e partito americano nella direzione del Pd
I
commenti alla direzione del Pd di ieri si sprecano: renziani ed
antirenziani, il prevedibile (e previsto) smarcamento del furbetto di
Ferrara (i sorci si preparano ad abbandonare la nave), l'eccitante
discussione sulle future alleanze (nei bar non si parla d'altro). C'è
invece un tema che viene alquanto rimosso, quello del rapporto con
l'Unione Europea, esemplificato in due passaggi nodali del discorso di
Renzi: il no all'incorporazione del Fiscal Compact nei Trattati europei, la necessità di una diversa regolamentazione dell'immigrazione.
Naturalmente Renzi va sempre preso con le molle, pronto com'è a dire
una cosa e a fare l'esatto contrario. Ma i suoi critici nel Pd non sono
certo migliori, anzi. Se non altro l'ex presidente del consiglio parla
di questioni cruciali, mentre gli altri discettano di Pisapia...
Partiamo
dai migranti che attraversano il Mediterraneo. Sul punto l'Italia ha
preso in questi giorni (in ultimo ieri al vertice di Tallinn) le
abituali bacchettate sui denti dagli altri paesi dell'Unione, nessuno
dei quali si è detto disponibile ad aprire i propri porti o comunque a
condividere, in qualche modo, l'onere dell'accoglienza. In sintesi: sul
tema, come su tanti altri, non esiste una qualsivoglia solidarietà
europea. E, a questo punto, chi si attarda a prenderne atto non ha più
giustificazione alcuna. Amen.
Stando al resoconto de la Repubblica in direzione Renzi ha risposto così: «Se
loro chiudono i porti, nella discussione di bilancio del 2018 noi
chiudiamo i rubinetti dei soldi a chi non accetta i migranti». Una posizione che oggi è stata così precisata: «Chi
dice che lo Ius soli rovina l'Italia non si rende conto che è una norma
di civiltà, non c'entra con la sicurezza ma dobbiamo anche dire che ci
deve essere un numero chiuso di arrivi, non ci dobbiamo sentire in colpa
se non possiamo accogliere tutti».
«Numero chiuso» è
dunque la nuova parola chiave che indica la presa d'atto della necessità
di una regolamentazione dei flussi migratori. Una mera trovata
elettorale? Può essere, ma almeno il tema è posto, assieme a quello
dell'inaccettabilità del comportamento europeo.
Veniamo ora all'ancor più tosta questione del Fiscal Compact.
Se, da un lato, le norme di questo trattato sono socialmente criminali,
dall'altro esse sono palesemente inapplicabili (e tutti lo sanno).
Tuttavia, come notano gli economisti mainstream, senza queste
norme l'euro sarebbe destinato a morire. Ma siccome a lorsignori questo
decesso spiacerebbe assai, ecco che non si sa come uscire dal circolo
vizioso che essi stessi hanno creato.
Benché approvato nel 2012, il Fiscal Compact
non è ancora parte integrante del quadro giuridico dell'Unione Europea.
Data la mancanza dell'unanimità - cinque anni fa il trattato non venne
sottoscritto dalla Gran Bretagna e dalla Repubblica Ceca, ai quali in
seguito si è aggiunta la Croazia - il Fiscal Compact fu classificato infatti come trattato intergovernativo tra i 25 paesi aderenti e, come tale, non inserito nel corpus giuridico dell'UE. Passaggio che il trattato prevede venga fatto entro il 2017.
E'
questo il punto: dare corso all'incorporazione (potremmo dire alla
"costituzionalizzazione", se non fosse che l'UE è un mostro senza
costituzione), oppure no? E' chiaro che nel primo caso consegneremmo
all'oligarchia eurista, ed in particolare al suo vertice berlinese, un
potente strumento per appesantire ancor di più le politiche
austeritarie, mentre nel secondo si avvierebbe di fatto il processo
dissolutivo dell'euro.
Bene, nella direzione piddina Renzi ha detto che: «Va posto il veto sul Fiscal Compact nei Trattati».
Solo parole? Conoscendo Renzi nessuno si stupirebbe, ma già un suo
stretto collaboratore - quel Yoram Gutgeld che il fiorentino ha voluto
alla spending review - aveva dichiarato il no al Fiscal Compact in un'intervista al Corriere della Sera del 21 giugno scorso.
Ovviamente
la direzione del Pd non ha ritenuto questa materia troppo degna d'esser
discussa, impegnata com'era ad ascoltare, tra un tweet e l'altro, personaggi della statura di Franceschini, Orfini, Orlando... Roba hard, bisogna capirli! Sul punto, un Renzi assai piccato ha chiosato che: «Porre il veto sul Fiscal Compact sarà molto più complicato che discutere della percentuale del Pd in un comune».
Chissà se pesce lesso
Gentiloni ha preso nota. Visti i tempi, è lui che dovrebbe porre il
veto, ma ce lo vedete il conte marchigiano mettersi contro l'intera
oligarchia eurista? Chi vivrà vedrà, e forse ne vedremo delle belle.
Quel
che è certa è invece un'altra cosa, che la direzione piddina ha solo
confermato: lo scontro interno al blocco dominante del nostro paese, tra
il partito tedesco e quello americano, è ormai alla luce del sole. E'
uno scontro al quale abbiamo accennato più volte su questo sito, che
adesso si manifesta in forme più chiare.
Volete un esempio? Ma è
semplice, basti pensare alla cocciutaggine con la quale tre importanti
esponenti dell'establishment (Romano Prodi, Giorgio Napolitano, Enrico
Letta) si sono opposti alla nuova legge elettorale che solo un mese fa
pareva destinata ad andare in porto. Legge pessima, come abbiamo scritto
con chiarezza, ma non pessima abbastanza come il trio di cui sopra
avrebbe voluto. I tre - infischiandosene bellamente sia delle sentenze
della Consulta che del voto referendario del 4 dicembre - vorrebbero
infatti una nuova legge ultra-maggioritaria. Lo scopo? Assicurarsi (i
tre, non dimentichiamolo, sono stati sponsor sfegatati di Monti) un
governo Berlino-dipendente per la prossima legislatura. Cioè l'esatto
contrario di un esecutivo Renzi-Berlusconi, per sua natura più vicino a
Washington che alla Germania.
Chiaro allora cosa ci sia dietro
alle tante manovre in corso. Chiaro chi e cosa muove nullità assolute
come Franceschini e Pisapia. Bisogna allora rivalutare Renzi ed il suo
accordo con Berlusconi per un governo di coalizione dopo il voto? No, ma
bisogna capire la partita in corso. E bisogna capire che il nostro
nemico principale, l'avversario più pericoloso per gli interessi ed i
diritti del popolo lavoratore è oggi (sottolineo, oggi - che domani non
si sa) proprio quel partito tedesco che va da Monti a Prodi, da
Napolitano ai transfughi ed ai malpancisti del Pd.
Contro Renzi,
ed il renzismo, abbiamo scritto in questi anni tonnellate di articoli.
Contro il Pd (dalle sue origini in poi), contro le forze e la cultura
che l'hanno partorito, non arriveremo mai a scrivere abbastanza. Troppi i
danni fatti al Paese, alle classi popolari, alle conquiste di un
trentennio di lotte. A suo modo Renzi è almeno portatore di
contraddizioni (e di sconfitte del suo partito, il che non guasta),
mentre i suoi attuali avversari dentro l'establishment vorrebbero solo
iniettare per decreto all'intero popolo italiano il virus della
letargia. Penso che stavolta non gli riuscirà.
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