Il
penta-sindaco Leoluca Orlando, per la quinta volta sindaco di Palermo,
ha affermato che nella sua città i partiti avrebbero fatto due passi
indietro, dacché senza anima; indi conclude che con la sua rielezione
avrebbe vinto il “civismo”. Ma cos’è il civismo?
Come spiega Wikipedia “Il
civismo è una visione della vita sociale e politica che si propone di
unire gli abitanti di una collettività intorno ai valori positivi della
vita associata, aggregando individui che, provenienti da diversi ambiti
sociali, collaborano per raggiungere un obiettivo comune legato alla
tutela ed alla gestione dei beni appartenenti alla stessa comunità“.
Leoluca
Orlando, nel pieno del suo entusiasmo per la quinta vittoria elettorale
che lo ha incoronato il quinto Re di Palermo (gli altri quattro portano
il suo stesso nome), ha apertamente definito se medesimo come
catalizzatore del civismo italiano, capace di superare le “scatole autoreferenziali distanti dalla vita della comunità“.
E alle domande dei giornalisti sulla sua possibile prossima battaglia
per la Presidenza del Consiglio ha risposto candidamente “A premier? Da cosa nasce cosa”.
Orlando sostiene di incarnare il “civismo
politico alternativo al civismo velleitario che, incapace di risposte
concrete, alla prova dei fatti, denuncia tutta la sua debolezza, tutta
la sua inconsistenza“. Una frecciatona al M5S che a Roma, come in altre città, rappresenterebbe il “civismo velleitario” a cui Orlando replicherebbe con il suo “civismo politico“,
capace di dare risposte concrete, governare i territori, disegnare il
futuro. Al populismo grillino, insomma, Orlando risponderebbe con la sua
concretezza politica.
La realtà è un’altra.
Ecco i partiti/politici che si sono mascherati dietro le liste a supporto di Leoluca Orlando.
- Movimento 139 (fondato tre anni fa da Leoluca Orlando),
- Democratici e Popolari (Pd e alfaniani),
- Mosaico Palermo (che include Articolo 1 – Mdp),
- Palermo 2022 (Mdp e altri),
- Sinistra in Comune (Sinistra italiana, Sel, Rifondazione),
- Alleanza per Palermo (centristi e autonomisti ex-Mpa),
- Uniti per Palermo (area Salvatore Cardinale).
Se
il civismo orlandiano è questo, composizione eterogenea di una
“vincente” armata “brancaorlandone”, con Sinistra Italiana a braccetto
con uomini di Angelino Alfano, renziani con uomini di Salvatore
Cardinale e di Raffaele Lombardo, possiamo reinterpretare l’Orlando che,
benché non furioso (per ora, si goda la vittoria!), ha perso il senno.
Il
civismo orlandiano, se indicato come modello per l’Italia, è un inganno.
Chiariamolo subito. Il leaderismo di Orlando, infatti, non è un
progetto politico. In altri termini, Orlando non è Hugo Chavez, non
incarna lo spirito di un popolo, bensì è una persona dedita al potere
fine a se stesso, in una arrampicata sociale in cui senza misura si
manifesta la sua “velleità” politica, la sua vanità esistenziale. In ciò
somiglia molto a Renzi e Berlusconi. Inoltre, Orlando ama Palermo nella
misura in cui non può abbandonarla. Nel senso che, sua biografia alla
mano, raggiunti i livelli nazionali ha lasciato Palermo a se stessa per
poi rifugiarsivi nel momento della caduta.
Date ad Orlando un ministero e Palermo resterà orfana “di lu papà”, come lo chiamano a Palermo nei quartieri popolari. Palermo è il minimo sindacale del grande Orlando,
che pur gaudente si mostra stretto e in prospettiva di governare
l’Italia. E magari non sarebbe nemmeno il peggiore, addirittura potrebbe
ambire ad essere il meno peggio. Se avesse avuto i “numeri” per
governare la Sicilia, sarebbe stato il candidato forte per la Presidenza
regionale siciliana. Ma con il rischio di vedersi mettere sotto da un
Musumeci qualunque ha preferito non sporgersi dalla sua roccaforte. Se
non rischiasse “mali figuri” (magre figure), il suo spazio si
allargherebbe ancora una volta in Italia e in Europa. Ma con il rischio
di vedersi mettere sotto da un Movimento 5 Stelle qualunque. Lui sa
giocare la partita e non fa mai un passo più lungo della gamba. Sapeva
che a Palermo, inciuciando con alfaniani, lombardiani, renziani e
dalemiani avrebbe fatto ingresso nella storia come Messi o Ronaldo che
vincono il loro quinto pallone d’oro. Così un pallone d’oro, non vecchio
ma antico, si è alzato ancora una volta sopra il cielo di Palermo, non
leggiadro come avrebbe voluto essere per librarsi nell’etere, ma
pesante, pur prezioso poiché d’oro, eppur troppo pesante. Porta un
fardello pesantissimo, perché il pallone è pronto ad essere calciato dai
suoi alleati, con le scarpe “incritate”, entrati in campo per “andare a
comandare”. La stagione più insidiosa di Orlando è appena cominciata.
* Fonte: Forza del Popolo
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