Tomaso Montanari
|
Nell’era del pensiero unico neo-liberista, nella quale appare inverosimile mutare le politiche d’indirizzo economico, presentate alla collettività come necessarie, ineluttabili, dettate dal pilota automatico, si rincorrono, in Italia, tentativi di ricostruzione della sinistra, che di continuo sono progettati mediante appelli alla società civile al fine di attuare la Costituzione italiana.
COSTITUZIONE, SOCIETA’ CIVILE, CORPI INTERMEDI
Già gli appelli alla società civile, entità astratta e non corrispondente ad alcun blocco sociale, sembrano in aperta contraddizione con lo spirito costituzionale, dato che essi si servono delle medesime caratteristiche di spoliticizzazione della società che sono insite nella prassi neo-liberista: il primato dell’economia sulla politica, il mito del privato rispetto al pubblico, la denazionalizzazione della moneta, lo smantellamento dello stato sociale, l’annientamento dei corpi intermedi ormai chiusi in apparati ermetici ma al contempo innocui e congeniali per il mantenimento dello status quo.
Difatti, proprio quando ci si rivolge alla società civile, si lascia intendere che i diritti sociali, ispirati a principi solidali e non mercantilistici, un tempo protetti dallo Stato, hanno perso la loro funzione politica: quella di dare rappresentanza allo scontro sociale.
Essi sono così sostituiti dagli interessi dei gruppi di pressione, che ancora organizzati in apparati burocratici, in realtà, perseguono fini privati, tendenti al mero profitto economico e trovano terreno fertile nel momento in cui il neo-liberismo ha operato una mutazione sostanziale dell’individuo ormai ridotto a imprenditore di sé stesso e a eterno soggetto desiderante, non più in grado di prendere coscienza delle condizioni di sfruttamento nei rapporti produttivi e di alienazione nella propria condizione esistenziale (1).
Con la conseguenza di silenziare lo scontro sociale e far paventare, continuamente, l’idea che esista una società civile portatrice di istanze omogenee e inter-classiste, che, causa la loro inconsistenza, saranno preordinate dal mercato(2).
Il richiamo alla Costituzione, poi, è ancora più marcato a seguito della vittoria al Referendum Costituzionale del fronte del No, al cui interno la sinistra ha giocato un ruolo del tutto marginale e ininfluente, soprattutto se si pensa all’incapacità di darne un significato politico in linea di continuità con i risultati della Brexit o del Referendum greco di qualche anno fa. Esso è stato ridotto a semplice contestazione alla figura di Matteo Renzi.
Proprio la sottovalutazione della questione sociale e la tendenza a non identificare i risultati dei referendum come unareazione del basso della società, ormai definitivamente impoverito e ridotto ad assistere inerte allo smantellamento delle sicurezze novecentesche, porta la sinistra a non affrontare il tema centrale legato alla difesa della Costituzione:l’incompatibilità dei Trattati istitutivi della UE con le costituzioni moderne, nate nel dopoguerra, e, se si dà uno sguardo al caso italiano, alla sostanziale sostituzione della Carta del 1948 con i dettami delle strutture sovranazionali.
L’EUROPA, LA COSTITUZIONE E LA PIENA OCCUPAZIONE
Anche nell’ultima assemblea che ha richiamato l’unità della sinistra – quella promossa da Anna Falcone e Tomaso Montanari, nella quale si è riunito il gotha del progressismo liberale – il tema o è stato accuratamente eluso o chiamato in causa con argomentazioni inverosimili.
Anzi Tomaso Montanari è andato ben oltre, nel momento in cui è riuscito a menzionare il problema UE e contemporaneamente a pubblicizzare un rafforzamento delle strutture con sede a Bruxelles e Francoforte. Il richiamo di Montanari è risultato particolarmente insidioso nel momento in cui ha affermato: “L’Italia è il più autorevole di un grande gruppo di paesi che può e deve chiedere una profonda revisione dei trattati. Mentre da subito bisogna attuare i punti più avanzati dei trattati attuali: per esempio l’articolo 3 del Trattato di Lisbona, che mette tra gli obiettivi dell’Unione la piena occupazione. Per far questo occorre costruire una sovranità europea, una vera politica europea”.
Le omissioni contenute in questo passaggio sono molteplici, perché l’articolo richiamato – oggi diventato l’art. 2 III comma del Trattato di Lisbona – in realtà è così strutturato: “L’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico”. Solo da una semplice prima lettura appare evidente il contrasto tra questa formulazione e quella contenuta nell’art. 4 della Costituzione Italiana che così recita “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Il Trattato di Lisbona, quindi, riconduce la tendenziale piena occupazione, non tra i compiti dello Stato, bensì come conseguenza di un’economia sociale di mercato fortemente competitiva e dalle politiche tese alla stabilità dei prezzi che generano deflazione salariale(3) e perdita dei diritti connessi al lavoro.
La piena occupazione richiamata da Montanari è, in buona sostanza, quella contenuta in un vero e proprio manifesto dell’ordo-liberismo che si pone in netta contraddizione con i principi ispiratori del Costituzionalismo moderno che si basavano su un forte intervento dello Stato per proteggere la collettività dai rischi connessi allo sviluppo capitalistico. Al contrario il riferimento all’economia sociale di mercato rappresenta lo stratagemma, utilizzato in primis dalla Germania, per sancire il principio secondo cui lo stesso individuo assume su di sé gli obiettivi dell’economia di mercato, che in questo senso si socializza (4).
Montanari, quindi, o non conosce i trattati europei o, se li conosce, evita, volontariamente, di spiegarne la natura ideologica, poiché se così facesse, dovrebbe trarre alcune conseguenze logiche.
Per esempio che i Trattati istitutivi dell’Unione Europea sono immodificabili perché strettamente connessi all’ideologia neo-liberista, e proprio l’esistenza di essi impedisce il pieno esercizio della sovranità costituzionale. Appare evidente che la difesa della Costituzione è uno specchietto per le allodole, se posta in termini generici e così fuorvianti.
Se da un lato l’omissione in questione serve per non disturbare i manovratori ed evitare che il dissenso possa avere ricadute di reale opposizione al sistema di dominio neo-liberista e quindi con il proposito di silenziarlo e progettare contenitori politici ossequiosi e docili, dall’altro si nota come la sinistra, nel suo complesso, aderisca, da quando si è allontanata dalla critica sociale d’ispirazione marxista, alle illusioni universalistiche del liberalismo.
LA MUTAZIONE GENETICA DELLA SINISTRA IN ITALIA
Quest’adesione è avvenuta attraverso due distinti filoni di pensiero. Il primo è quello legato alla mutazione ordo-liberista del PCI, che dalla fine degli anni ’70 fu l’ideatore, insieme alla CGIL, dell’ideologia dell’austerità, attraverso la quale si iniziava a richiedere ai lavoratori sacrifici, per avere come contropartita un’immaginifica e rinnovata capacità produttiva. Processo portato a compimento quando, con l’avvento della seconda Repubblica, il gruppo dirigente post-comunista ha iniziato a recepire, acriticamente, i dettati compilati e imposti dai vincoli esterni contenuti nel Trattato di Maastricht.(5)
Il secondo è legato alla struttura ideologica della sinistra radicale, che dal movimentismo anarco-liberale del 1968 in poi, ha accettato la supremazia del soggetto come elemento cardine di una politica antagonista. Proprio l’antagonismo è, in questa fase storica, il più grande alleato del capitalismo globale, poiché anch’esso punta allo sfaldamento delle strutture sociali e solidaristiche, al fine di concepire una società parcellizzata e atomistica, supina agli intendimenti del mercato che si deve espandere senza ostacoli(6).
La conseguenza è il comune accordo, tra sinistra e capitalismo globale, nel ridurre al minimo il ruolo dello Stato. Al massimo, secondo le indicazioni ordo-liberiste, esso si trasforma in apparato burocratico guardiano della libera concorrenza, ma privo della capacità di esercitare la piena sovranità.
Non a caso la sinistra ordo-liberista ha provveduto negli ultimi vent’anni alla massiccia campagna di privatizzazioni operata nel nostro Paese, contribuendo al decadimento della sfera pubblica, mentre la sinistra radicale, nell’opporsi alle privatizzazioni, conduce battaglie capziose nel momento in cui utilizza un linguaggio perfettamente accomodante nei confronti delle stesse, quando si riferisce alla difesa di fantomatici “beni comuni”, che si contrapporrebbero a quelli pubblici. Ma i beni o sono privati o sono pubblici, tertium non datur.
La difesa della Costituzione, con queste premesse, è del tutto fittizia. La Carta viene descritta come una bussola ma al contempo si partecipa alla sua distruzione. Per questo Montanari parla di conquistare una sovranità europea, dimentico del fatto che essa è già operante e che viene esercitata dalla UE in maniera repressiva nei confronti di chi non si adegua agli standard previsti proprio dalla forte competizione.
LA SOVRANITA’ NAZIONALE PER DIFENDERE LA COSTITUZIONE
Vengono a compimento, in maniera definitiva, le profezie di Federico Caffé quando descriveva quella che si potrebbe definire la spirale ordo-liberista nel momento in cui le decisioni prese sulla stabilità dei prezzi diventano incongruenti con gli obiettivi della collettività, ma la stessa stabilità dei prezzi è presa, nuovamente, a modello per ovviare alle contraddizioni economico/sociali dalla stessa provocate.(7)
La sinistra, così per come si configura in Italia, dimostra la propria complicità nei due proponimenti principali dell’ordine neo-liberista: l’annientamento della democrazia e l’abbattimento delle società salariali che, proprio grazie ai partiti socialdemocratici, furono edificate dagli Stati nazionali europei del dopoguerra.
Per questo, oggi, i concetti di Patria, sovranità popolare e Costituzione sono intimamente connessi per operare in netto contrasto con il modello neo-liberista e, inoltre, il recupero della sovranità nazionale appare condizione indispensabile, non solo per il recupero della dimensione democratica e costituzionale, ma anche per immaginare la costruzione di un modello di sviluppo alternativo a quello capitalistico.
La questione del legame tra opposizione al neo-liberismo e recupero della sovranità nazionale è stata compresa soprattutto da Jean-Luc Mélenchon in Francia, difatti nella campagna presidenziale egli ha proposto una nuova assemblea costituente e, al contempo, l’uscita della Francia dai Trattati qualora non si ovviasse alla loro, radicale, trasformazione.
In Italia, dopo venticinque anni di macelleria sociale e di annientamento del sistema produttivo, tutto ciò viene, allegramente, ignorato, per continuare a proporre liste elettorali, votate ad un ministerialismo nevrotico e che si propongono di unire le due, fantomatiche, sinistre.
NOTE
1 – Particolarmente istruttivo sul punto fu C. Wright Mills quando descrisse la nascita di questi interessi nella società americana del dopoguerra “Il liberalismo, ora quasi un denominatore comune della politica degli Stati Uniti, diventa liberalismo amministrativo, potente struttura statale che avoca a sé un maggior numero di problemi, nel cui interno le lotte politiche aperte si trasformano in procedure per pressioni amministrative” e la loro pericolosità per la tenuta della democrazia americana sin dagli anni ’50 “Ma nello stesso tempo, se il futuro della democrazia americana corre dei rischi, non è a causa di un movimento della classe lavoratrice, ma a causa della sua assenza e perché esso è sostituito da un nuovo sistema di interessi costituiti. Se questi nuovi interessi appaiono spesso particolarmente pericolosi per la struttura sociale democratica, è perché sono così grandi e tuttavia così esitanti.” (C.Wright Mills, Colletti Bianchi, Einaudi Editore, 1974)
2 – La ricaduta ideologica di tale impostazione è l’esaltazione dei diritti universalistici e l’abbandono del criterio che era alla base del Costituzionalismo moderno, quello dell’istituzionalizzazione del conflitto di classe. Il percorso attraverso il quale si è arrivati a tentare di rappresentare interessi omogenei e slegati dalle condizioni socio-economiche e il legame con la teoria neo-liberale e post-moderna è ben descritto da Gaetano Azzariti, in particolare quando afferma “Esclusa la dimensione politica e conflittuale, si teorizza che le nuove costituzioni civili post-moderne e post-nazionali debbano trarre la propria legittimazione da interessi settoriali, prodotte dalle spinte spontanee del mercato e da indeterminate forze che operano entro comunità asettiche. Costituzioni, dunque, necessariamente arrese, che finiranno inevitabilmente per porsi al servizio del potere costituito, operando in accordo con il potere selvaggio del mercato.” (Gaetano Azzariti, Contro il revisionismo costituzionale, Laterza, 2016)
3- Sulla deflazione salariale Sergio Cesaratto su asimmetrie.org
4- Per uno studio approfondito e di facile fruibilità si rimanda agli scritti di Vladimiro Giacché e di Luciano Barra Caracciolo. Del primo si raccomanda la lettura di Costituzione contro Trattati Europei – Il conflitto inevitabile, Imprimatur, 2015; del secondo La Costituzione nella palude, Imprimatur, 2015. Giacché descrive, inoltre, come il pricipio della stabilità dei prezzi sia presente in altri articoli particolarmente significativi dei Trattati e che sia stata posta come condizione necessaria per poi poter avviare politiche anticicliche. In particolare i riferimenti sono l’art. 119 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea; l’art. 127 dello stesso che si riferisce alla politica monetaria. Il problema della stabilità dei prezzi, strettamente connesso ai limiti imposti per le politiche occupazionali è poi ulteriormente aggravato dall’approvazione in Costituzione della riforma dell’art.81 (cd Pareggio di Bilancio).
5- Sulle politiche, denominate di solidarietà nazionale, del PCI e della CGIL alla fine degli anni 70 e l’adesione degli stessi all’irreversibilità dei vincoli esterni si guardi La scomparsa della sinistra in Europa di Massimo Pivetti (Imprimatur, 2016)
6- La sinistra partecipa alla costruzione di quella che Dardot e Laval hanno definito la “ragione-mondo” neo-liberista “La ragione politica neo-liberale, nel suo stesso principio costitutivo, concentrando la realtà del potere nelle mani degli attori economici più potenti a svantaggio della gran parte dei cittadini, produce insicurezza e disciplina la popolazione, disattiva la democrazia e frammenta la società…una ragione dotata della capacità di estendere e imporre la logica del capitale a tutte le relazioni sociali fino a farne la forma stessa delle nostre vite.” (Dardot-Laval, Guerra alla democrazia-L’offensiva dell’oligarchia neo-liberista, Derive Approdi, 2016)
7- Federico Caffé, In difesa del welfare state – saggi di politica economica, Rosenberg & Sellier, 1986
0 commenti:
Posta un commento
I commenti sono moderati preventivamente dalla redazione. Ogni commento sarà pubblicato a condizione che le opinioni espresse siano rispettose, attinenti al tema e costruttive. Non verranno pubblicati i commenti con invettive, insulti, ingiurie, o quelli di soggetti il cui scopo è polemizzare a prescindere con la redazione.