ELEZIONI 2018: LA PROPOSTA DELLA C.L.N.

20.3.17

Manifesto della Confederazione per la Liberazione Nazionale


Pisacane, Mazzini, Gobetti, Gramsci
Documento costitutivo della Confederazione per la Liberazione Nazionale

Per riconquistare la sovranità liberandosi dalla gabbia europea
Per uscire dal dominio della finanza e dalla crisi di civiltà che ha prodotto
Per porre fine al declino dando a tutti lavoro e dignità
Per una società basata sui principi di libertà, uguaglianza e fraternità
Per attuare finalmente la Costituzione repubblicana

E' per raggiungere questi obiettivi che i promotori di questo manifesto hanno deciso di unirsi in forma confederativa. Vogliamo così costruire, in un momento in cui tutto tende a frantumarsi, una prima aggregazione delle forze che vogliono intraprendere la strada della rinascita del nostro Paese. Rinascita e liberazione dallo strapotere della finanza sulla società, sulle persone e sulla loro vita. Liberazione dalla dominazione straniera e da quella sua forma particolarmente odiosa chiamata "Unione europea". Liberazione da una casta politica totalmente asservita agli interessi delle oligarchie finanziarie.

La nostra proposta di lavoro e di organizzazione è dunque aperta a tutti coloro che vi si riconoscono. Ora si tratta di muovere i primi passi. Per farlo vogliamo fissare in maniera sintetica il nostro punto di vista, le nostre idee, il nostro programma.

a. Le sciagure prodotte dal sistema neoliberista sono davanti ai nostri occhi. L'idea che il mercato possa fungere da unico regolatore della società e da vero "sovrano" anche nelle scelte politiche è clamorosamente fallita. Avevano promesso benessere per tutti ed abbiamo disoccupazione, precarietà e povertà diffusa.

b. La crisi di questo modello è evidente. E' oggi largamente riconosciuto come la parabola della globalizzazione abbia ormai raggiunto il suo culmine. Lo dimostrano i clamorosi risultati della Brexit e delle elezioni americane, lo confermano i dati del commercio internazionale. Tutto va nella direzione della ri-nazionalizzazione della politica, ed è su questo terreno che ci si dovrà misurare.

c. E' in questo quadro che si accelera il processo disgregativo dell'Unione Europea. L'UE, nata proprio per realizzare il sogno dell'élite di un'area economica sovra-nazionale con il ruolo degli stati ridotto al minimo e funzionale al dominio dei cosiddetti "mercati", vive ormai una vera e propria crisi esistenziale. Non solo è defunto il progetto federale (gli "Stati uniti d'Europa"), ma la Gran Bretagna è in fase d'uscita, mentre l'insostenibilità dell'euro è ormai un fatto innegabile. Se a tutto ciò si aggiunge l'incapacità di assumere politiche unitarie sull'immigrazione, l'indisponibilità tedesca a qualsiasi forma di cooperazione economica, le convulsioni politiche che attraversano non solo la "periferia" ma pure i "paesi centrali" dell'Unione, abbiamo l'esatta fotografia del processo di disfacimento in corso. Sicuramente la Germania proverà a resistere, cercando di mantenere in piedi l’Euro, accelerando ulteriori cessioni di sovranità con il rafforzamento dei trattati per tenersi vantaggi e potere, obbligando i paesi della "periferia" a nuove forme di subalternità. E' questa una prospettiva da respingere in toto. 

d. E' dentro la crisi europea che va letto il disastro italiano. In nove anni di crisi il nostro Paese ha perso 8 punti di Pil, il 25% della produzione industriale, la disoccupazione ufficiale è attestata al 12% (purtroppo questo dato raddoppia se consideriamo i cosiddetti "scoraggiati"), mentre quella giovanile è addirittura sopra il 40%. Tutto ciò mentre la ricchezza nazionale si è ridotta, il ceto medio si è impoverito e gli stessi risparmi sono sotto attacco a causa delle norme bancarie europee. Sono questi i frutti avvelenati dell'euro, con il suo inevitabile corollario: politiche di austerità, pareggio di bilancio, fiscal compact. Ma non si tratta solo di un disastro economico. Si tratta di un disastro ben più ampio, di una società disgregata e spinta in un vicolo cieco, privata di ogni speranza nel futuro. E' stato questo l'effetto più profondo del "vincolo esterno", quello che attraverso il TINA (There Is No Alternative) ha cercato di uccidere ogni possibilità di cambiamento.

e. C'è però un limite a tutto. Siamo così arrivati alla rivolta contro le élite e allo straordinario risultato del referendum del 4 dicembre 2016. La vittoria del NO al referendum greco, anche se poi tradita da Tsipras, l'affermazione della Brexit a dispetto della gigantesca campagna mediatica, la sconfitta delle élite globaliste negli Usa ci indicano - pur con le loro differenze - che i popoli non ci stanno più, che il TINA ha smesso di funzionare, che le attuali classi dirigenti sono ormai prive di consenso. E' in questa traiettoria che si inserisce il 60% di NO a difesa della Costituzione, sentita come un bene inalienabile e base condivisa per uscire dall'attuale marasma, che è un NO altrettanto deciso alle politiche bipartisan degli ultimi decenni.

Fin qui la descrizione sommaria del quadro attuale. Come farvi fronte? Come porsi all'altezza delle sfide dell'oggi? Qual è il nemico principale e quali i possibili alleati? Qual è la base su cui costruire un programma di governo? Quali sono le misure più urgenti per iniziare il percorso della riscossa popolare?
A queste domande noi rispondiamo così:

1. La Costituzione del '48, che gli italiani hanno difeso col referendum, rappresenta per noi una stella polare, poiché contempla un modello di società in cui la democrazia politica è affiancata da quella economica e sociale. La Costituzione va dunque attuata, cancellando le modifiche neoliberiste apportate dai partiti di regime (come l’Art. 81 sul pareggio di bilancio), rafforzando anzi il suo spirito repubblicano, egualitario e sovrano. La Carta del '48 può e deve essere la base valoriale per un ampio blocco politico e sociale antiliberista, un autentico Fronte Patriottico Costituzionale che si candidi al governo del Paese.

2. Per attuare la Costituzione bisogna però riconquistare la sovranità popolare e nazionale, che il nostro paese ha perduto, cedendola di fatto all’Unione europea. Siccome non può esserci né sovranità né democrazia entro la gabbia eurocratica, siamo per l'uscita dall'euro e dalla UE, riconsegnando allo Stato nazionale tutti i suoi strumenti di politica economica, sociale, monetaria e fiscale. La Nazione è il solo luogo ove il popolo possa esercitare la sua sovranità, il solo spazio ove possa svolgersi una vera dialettica democratica. Battersi per la piena indipendenza nazionale non significa affatto abbracciare una concezione autarchica, razzista o sciovinista della Nazione. Il nostro patriottismo è democratico, costituzionale e antifascista. Siamo per sviluppare politiche di cooperazione e fratellanza con gli altri popoli, specie quelli che decideranno di intraprendere lo stesso percorso di liberazione.

3. Quali sono i nemici principali? Sono i poteri che reggono l'attuale sistema oligarchico: l'Unione Europea a trazione tedesca, le istituzioni sovra-nazionali del dominio neoliberista, i grandi centri del potere economico-finanziario mondiale, le élite che hanno il monopolio dei mezzi d’informazione. Ma questi nemici non stanno solo all’estero, essi hanno i loro distaccamenti in Italia. Alle élite economiche, complici nel depredare il Paese e decise a svuotare la democrazia, si affianca un ceto politico servile quanto corrotto. Al vertice di questo ceto, e dunque al centro del sistema politico, resta oggi il PD, che è il vero garante del potere oligarchico che ci opprime.

4. Questi nemici potranno essere battuti con una larga alleanza tra tutte le forze costituzionali disponibili, e solo con il risveglio e la partecipazione attiva del popolo italiano, con una sollevazione consapevole che utilizzerà tutti i canali e gli strumenti democratici affinché il governo passi nelle mani del fronte delle forze popolari e anti-oligarchiche per trasformare da cima a fondo la società italiana.

5. Le potenti forze sistemiche, allo scopo di conservare il potere, hanno scatenato una vera e propria campagna di diffamazione verso tutte le forze che pur da sponde opposte lottano contro l’oligarchia. L’anatema è quello del “populismo”. E per “populismo” esse intendono la capacità di essere in sintonia coi bisogni di chi sta in basso, il saper parlare la loro lingua, lo stabilire un legame affettivo col popolo, il coraggio di chiamare alla ribellione. Nel campo “populista” i dominanti mettono tutte le forze a vario titolo sovraniste: tra di esse M5S e Lega Nord.

6. Pur considerandoci parte del campo populista noi siamo alternativi sia alla Lega Nord che al Movimento 5 Stelle. Queste forze non hanno un progetto di paese davvero alternativo a quello dei dominanti. I programmi sociali e politici del M5S e della Lega Nord sono intrisi di spirito, idee e proposte di tipo liberista che li porta a strizzare l'occhio a questa o a quella frazione dominante. Per noi la sovranità nazionale è una condizione necessaria ma non sufficiente per ricostruire l’Italia. Siamo alternativi a M5S e Lega Nord anche perché queste forze cercano innanzitutto un consenso passivo, una delega paternalistica ai loro ceti politici e ai loro leader.

7. Ma siamo a maggior ragione alternativi alla cosiddetta “sinistra radicale”.
Questa sinistra, anziché rielaborare un programma sociale intrecciato al tema della nazione, ha abbracciato la visione mondialista dei dominanti. Siamo tuttavia certi che, prima o poi, anche da questo campo arriveranno forze alla causa per cui ci battiamo, ma proprio per separare il grano dal loglio abbiamo il dovere di denunciare le gravi responsabilità dei piccoli gruppi dirigenti che lì si agitano senza costrutto alcuno. O meglio, con l'unico intento di ritagliarsi qualche spazio istituzionale con nuove confuse "operazioni politiciste", o cercando di racimolare i pezzi sempre più dispersi di una "sinistra dei diritti cosmetici", incapace di porsi all'altezza della situazione. Queste forze, pur divise tra loro, hanno in comune la stessa adesione a quel cosmopolitismo delle oligarchie che è la negazione stessa dell'internazionalismo correttamente inteso.

8. Occorre riprendersi la politica. E' questo il messaggio che ci viene dal populismo, è questo l'obiettivo che il populismo rende possibile a condizione che si agisca nel modo corretto. E' infatti in questo campo che si esprimono settori sociali e soggettività diverse, non coalizzabili tra loro se non in virtù di un forte messaggio politico e simbolico. Questo messaggio, che già vive nelle lotte sociali contro la globalizzazione, è quello della riscossa, della costruzione di un'alternativa concreta e possibile. E' su questa base che milioni di persone potranno mobilitarsi, dando vita ad un ampio blocco sociale, lottando per conquistare il governo ed attuare concrete politiche democratiche in sintonia con i bisogni del popolo.

9. Uscire dall'euro è necessario, seppure non sufficiente. Quanto detto finora ci porta ad indicare un programma di misure urgenti, di carattere economico e sociale, per venir fuori dalla crisi e per far sì che l'uscita dall'euro-dittatura rappresenti l'inizio di uno sganciamento dal sistema neoliberista e dal dominio della finanza predatoria, non la riproposizione su scala nazionale di queste  forme di oppressione. Queste le misure più importanti da prendere dopo essere usciti dall'eurozona, aver ripristinato la sovranità monetaria e ristabilito il controllo pubblico sulla Banca d'Italia: a) piano per il lavoro per raggiungere la piena occupazione; b) piano di reindustrializzazione del Paese anche attraverso la nazionalizzazione dei settori strategici (energia, telecomunicazioni, acqua, trasporti); c) eliminazione del precariato e difesa dei redditi da lavoro dipendente ed autonomo; d) garanzia del diritto allo studio, alla salute e ad una vecchiaia serena attraverso il carattere pubblico della scuola, della sanità e della previdenza; e) affermazione del controllo pubblico sul sistema bancario, istituzione di banche di interesse nazionale e nazionalizzazione delle banche salvate dallo Stato; f) introduzione di limiti alla circolazione dei capitali e tutela delle produzioni italiane, g) ristrutturazione del debito pubblico a partire dalla sua componente speculativa ed estera, h) riforma fiscale che applichi i principi di equità, giustizia sociale e progressività sanciti dall'art. 53 della Costituzione.

10. Con la nascita della Confederazione per la Liberazione Nazionale vogliamo quindi dar vita ad una prima aggregazione che possa poi sfociare nella costruzione di una forza popolare e patriottica all'altezza di questi compiti. Siamo ambiziosi ma realisti, sappiamo perciò che questo richiederà ben altre forze. Ma intanto vogliamo muovere il primo passo, ben sapendo che non ci sarà possibilità di vittoria se il popolo non saprà diventare il protagonista della rivoluzione democratica che abbiamo cercato di descrivere.


Confederazione per la Liberazione Nazionale (CLN)

Firenze, marzo 2017

3 commenti:

  • Gioacchino Basile scrive:
    13 aprile 2017 alle ore 09:17

    mi piace... ma ormai sono troppo stanco è deluso per impegnarmi in qualcosa che non sia, la verità infame che determinò l'urgente strage di via D'Amelio, dove anche avendo, le prove schiaccianti del coincolgimento della magistratura sù quella strage, sono lasciato solo da tutti... anche dai grillini, che vanno a leccare i piedi ai nemici della verità che si dipingono con colori falsi e nebbiosi.

  • Renato Massa scrive:
    21 luglio 2017 alle ore 20:01

    Mi piace molto, condivido in pieno la vostra analisi politica e sono pronto a battermi con voi, anche a costo di pesanti sacrifici, per tentare di lasciare un mondo migliore a chi verrà dopo noi.

  • Confederazione per la Liberazione Nazionale scrive:
    21 luglio 2017 alle ore 21:03

    Gentile Renato,
    grazie per le sue parole.
    Ci segua e ci scriva!
    Conf.liberazionenazionale@gmail.com

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